Una donna bonsai

Maristella Lippolis, 29 Ottobre 2021

Pagine crude e sensuali, in cui la parola empatica riesce a raccontare la luce e l’ombra più cupa. E un po’ anche di noi, di come siamo state, e di come siamo diventate nel nuovo romanzo di Elisa Ruotolo

Di Maristella Lippolis

Ho fatto due letture del bellissimo romanzo di Elisa Ruotolo: la prima volta correndo dietro alla storia e alla sorte che la scrittrice ha destinato alla sua protagonista, coltivando per lei una speranza; la seconda volta mi sono lasciata prendere dall’incantamento delle parole, dal modo “mite” con cui è riuscita a raccontare una storia difficile; dal linguaggio così vicino alla poesia, intimo, capace di nominare dolori e corpi senza nulla nascondere, e colpisce al cuore fin dalle prime pagine, quando si inizia a intuire quanto sarà difficile e doloroso il percorso attraverso il quale “la donna bonsai”, abituata a considerare naturale accontentarsi del poco spazio, della curvatura innaturale dei rami, del taglio delle radici, riuscirà a convivere con quella mancanza, senza farsene annientare.

Quel luogo a me proibito” è il luogo della confidenza con il corpo e con il desiderio, qualcosa che la protagonista non ha mai imparato, estranea ai gesti della tenerezza e alla loro gratuità, ossessionata da obblighi e comandamenti introiettati fin dall’infanzia e mai messi in discussione. E la voce narrante in prima persona ne rievoca tutti i passaggi per arrivare all’oggi, alla soglia dei quarant’anni, a fare i conti con un corpo che le è estraneo e nemico. Forse potrebbe essere una storia di mala educazione, una delle tante che la letteratura ci regala. Ma il dono della parola di Elisa Ruotolo la rende unica e magica nella sua capacità di scavare dentro e ancora più dentro, fino al nocciolo più duro, alla corteccia più resistente.

Un lettura quietamente ipnotica, che a volte toglie il fiato, e si deve riemergere per riprendere respiro. “Lui era il primo uomo capace di parlare alla donna che dimenticavo d’essere, e la sua voce sembrava venire da un oriente di troppa luce. Adesso non saprei dire perché con lui divenni obbediente. Altre mani le avrei morse e cacciate via, ma le sue a un certo punto le tenni ferme, forse perché Andrea voleva cercare in me l’essere umano, non quello morale: carezzare il vestito lordo, non il cappotto di lana. Ogni volta che s’avvicinava sentivo di non essere migliore né peggiore degli altri, ma proprio quanto loro desideravo ed ero viva”. “Il mio corpo. Era così analfabeta che di certo non avrebbe saputo cogliere i messaggi più elementari del suo e rispondere a tono. I movimenti naturali li avrei confusi con l’aggressione (…) Io non ho mai avuto un corpo. Ho solo creduto. (…) Questo corpo io lo abito nella sfiducia e nella prudenza di una non vita. Per me è un estraneo, perché non so mai in che modo dormirà e con quale cuore si sveglierà al mattino.”.

La storia prosegue fino al suo epilogo sospeso e senza risposte consolatorie. Se non quella dell’essere finalmente arrivata a capire. Pagine crude e sensuali, in cui la parola empatica riesce a raccontare la luce e l’ombra più cupa. E un po’ anche di noi, di come siamo state, e di come siamo diventate, di come avremmo potuto essere, a quali tempeste siamo scampate e in che modo ci siamo riuscite. E quando un libro ci interpella così, quando dialoga con noi mentre leggiamo, significa che è un grande libro e che si tratta di letteratura. Questo è il secondo romanzo di Elisa Ruotolo, ed è finalista al Premio Rapallo. Il suo primo romanzo, Ovunque, proteggici è stato selezionato per il Premio Strega nel 2014. Tra i due romanzi ha scritto di Antonia Pozzi, e molta poesia. E si sente.


Elisa Ruotolo è nata nel 1975 a Santa Maria a Vico (Ce) dove vive tuttora. Insegna Italiano in una scuola superiore. Ha esordito per nottetempo nel 2010, con la raccolta “Ho rubato la pioggia”, vincitrice del Premio Renato Fucini. Nel 2014 ha pubblicato, sempre per Nottetempo, “Ovunque, proteggici”, selezionato dalla giuria del Premio Strega 2014 e presentato al premio da Marcello Fois e Dacia Maraini.

Elisa Ruotolo, “Quel luogo a me proibito”, Feltrinelli 2021

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Maristella Lippolis

Maristella Lippolis ha esordito nella narrativa pubblicando racconti sulla rivista Tuttestorie diretta da Maria Rosa Cutrufelli. Nel 1999, con la raccolta di racconti La storia di un’altra, ha vinto il Premio Piero Chiara. Seguono i romanzi Il tempo dell’isola, Ed. Tracce; Adele né bella né brutta, Piemme, finalista al Premio Stresa 2008; Una furtiva lacrima, Piemme 2013; Raccontami tu, L’Iguana, Editrice 2017; Non ci salveranno i Melograni, Ianieri Edizioni 2018; Abbi cura di te, Ianieri 2021. È stata componente del Direttivo nazionale della Società italiana delle Letterate nel biennio 2000/2022. Collabora con la rivista Leggendaria, con il Magazine on line della Società italiana delle letterate, con il Magfest (Festival di donne nel teatro). Dal romanzo Raccontami tu è stata tratta una riduzione teatrale. È stata finalista del Premio Urania 2020 con il romanzo Oltre Tauersiti, in pubblicazione nel maggio 2022 da Vallecchi con il titolo La notte dei bambini. Organizza laboratori di scrittura narrativa e autobiografica. I suoi racconti e romanzi sono abitati in prevalenza da donne che non rinunciano a desiderare di essere se stesse, universi femminili in movimento. Ligure per nascita, giovinezza e nostalgia, vive a Pescara con due gatte, ha due figlie e una nipotina. Sostiene di voler smettere di scrivere romanzi, perché la vita reale li contiene già tutti, ma poi non resiste alla tentazione di ricominciare. www.maristellalippolis.it

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