Marisa Bulgheroni in “Stella nera” descrive la storia d’amore particolare che l’ha legata per una vita al suo compagno. La studiosa, che ha curato tra gli altri le opere di Emily Dickinson e Toni Morrison, è anche straordinaria narratrice.
Di Pina Mandolfo
Imbattersi in un libro come “Stella nera” è come un incantamento inaspettato, un dono, un privilegio che avvolge e commuove. Ogni pagina di questa preziosa opera, di questo atlante del ricordo, di questa geografia emozionale, ci impone un’empatia assoluta. Marisa Bulgheroni è una tale “signora” della scrittura e della parola, che ha pochi eguali. Qui la sua prosa è diario, narrazione e poesia, un canto a due in cui l’una parla all’altro, il perduto compagno di una vita. È un canto in cui le parole prendono corpo, lacrimano, gioiscono, intrecciano ghirlande di dolore, sogno, ricordo. Il ricordo di una felicità forse scandalosa perché troppo grande e ormai perduta.
L’amato è morto. Lei gli parla: «Eri stato il garante della mia vita» e poi, rivolta a se stessa, infrange l’inutile detto che la vita continua. «Sì, la vita continua, inesorabile come la corrente di un fiume che ti trascina…e ore, giorni, anni sono numeri, non più storia», scrive l’autrice a colui che fu amante, compagno, complice di un’unione inconsueta e singolare. Perché inconsueti e singolari sono i protagonisti della storia. Il loro era un patto d’amore nutrito dall’ammirazione reciproca e dall’offerta di libertà. Ognuno con la sua autonomia professionale fatta di partenze e ritorni. «Le tante separazioni e ritorni che resero il nostro matrimonio così poco coniugale». Un ballo fu l’occasione dell’incontro: «Sono un esule istriano che sta per partire per il Cile». La separazione complice nel gioco degli affetti. E se lui è in Cile per anni, lei è in Africa, in Egitto, in Russia o nel va e vieni tra Nord America, alla scoperta di grandi scrittori del tempo, e Catania, dove è docente di straordinario prestigio. E poi il ritrovarsi nella quotidianità, anch’essa piuttosto singolare e di breve durata, prima di ritrovarsi in movimento insieme per accudire la necessità della vicinanza: mete lontane o piccoli borghi, le spiagge, le piccole trattorie, i canti tra amici e la comunicazione intellettuale.
D’improvviso, tuttavia, così come accade nell’umana avventura, si manifesta l’inatteso che sconvolge: l’ultima partenza dell’amato per il misterioso altrove. Per lei che resta la vita è «come un paesaggio illanguidito senza te». L’amata lo invoca. Il dolore vìola ogni pudore dell’intimità che preme per essere svelata e affidata alla pagina scritta. Stella nera è quindi il racconto di una vita per richiamare il suo caro al mondo: «Ho intuito che solo costruendo un libro per te – come una dimora in cui tu potessi abitare – ti avrei riavuto con me». «Narrerò di come ci siamo conosciuti». «Narrerò di come mi hai lasciato».
È raro che un libro commuova così tanto e, oltre agli ottimi altri romanzi di Marisa Bulgheroni, i suoi innumerevoli e preziosi saggi, i meridiani di Emily Dickinson e Toni Morrison, Stella nera ci consegna ancora una grande autrice. Un’autrice con un vissuto che richiede di immortalarsi nella storia, pur non volendo essere, la sua, una faccenda di eroi. Procedendo con la lettura, ci sorprende la magia di ogni pagina, la grazia, l’intensità, l’abile insinuarsi nella giostra dell’anima attraverso la parola, per approdare coraggiosamente sul ciglio della vulnerabilità della vita umana.
“Stella nera” è un monologo, una lettera d’amore, un sommovimento delle emozioni, senza un ordine cronologico ma con l’ordine contrappuntato dalla voce interiore, una geografia della memoria necessaria per dar senso al presente, un presente doloroso che si nutre, tuttavia, della gioia e dello svelamento continuo del passato. Come se, attraverso la parola sulla pagina bianca, quel passato tornasse magicamente a vivere in un presente e un possibile futuro. «Non ho mai smesso di scriverti … come se tu potessi leggermi … scrivo perché le mie parole provochino una tua risposta. Scrivo sulla prima neve, scrivo su lavagne di vento … raccontare perché tu non mi sfugga, perché la mia voce sia così seducente da trattenerti sull’orlo di questo mondo. E io sarò instancabile nel trovare le parole incantatrici».
La trama, il registro narrativo, l’intenso procedere dei fatti e dei pensieri di questo romanzo di Marisa Bulgheroni, nel corpo a corpo tra chi scrive e chi legge, è così straordinario da provocarci una sorta di smarrimento.
Ps. Cara Marisa ti scrivo, da allieva incantata di un tempo, e da amica di oggi. Sei stata la nostra impareggiabile maestra in quegli straordinari anni ’70, a Catania. Le tue lezioni erano un richiamo irresistibile. Mi è vivo il ricordo del precoce tepore nei pomeriggi di primavera, l’ora delle tue lezioni. Sempre uno stesso raggio di sole, da un’alta finestra, ti segnava moltiplicando la luce del tuo sguardo. La tua grazia, la voce nordica, ci avvolgeva come spettatori e spettatrici incantati. Salinger, Bellow, Mailer, Dickinson … e tanti, tanti altri. Così amammo, con te, la letteratura, l’America e, apprendisti inesperti e inesperte, imparammo a decodificare e amare i segni della scrittura e le sue trame. Ci rivelasti un modo rivoluzionario di insegnamento.
Con te studiammo, cantammo insieme e andammo per le spiagge di questa terra che amasti al confronto della tua “grigia” Milano. Eri oggetto di indiscussa ammirazione, ma anche fonte di curiosità, socievole eppure riservata. Qualcosa che assomigliava al “mito”. Oggi, passato il tempo di quella “gloriosa” giovinezza, ma ricchi e ricche di ricordi e dei tuoi tanti “doni”, ne riceviamo un altro, da te, inaspettato: Stella nera, che frantuma il “mito”di un tempo per rivelarci la tua persona in carne ed ossa. L’educazione sentimentale di una bella generazione è compiuta. Grazie Marisa.
Marisa Bulgheroni, “Stella nera. Frammenti di una vita a due”, Il Saggiatore 2020
Marisa Bulgheroni, (1925) ha esordito scrivendo ritratti e storie di viaggio per Comunità e Il Mondo, collaborando poi a Paese Sera, l’Unità, Linea d’ombra, Lo Straniero. Docente universitaria, ha fatto conoscere in Italia la narrativa americana del dopoguerra (Il nuovo romanzo americano, Schwarz 1960; e I beats, Lerici 1962). Autrice di numerosi saggi sui miti e le immagini del femminile, ha curato il Meridiano Tutte le poesie di Emily Dickinson (Mondadori 1997), di cui ha narrato la vita nel volume Nei sobborghi di un segreto (Mondadori 2001). Nel 1996 l’esordio come narratrice con i racconti Apprendista del sogno (Donzelli 1996), seguiti dal romanzo Un saluto attraverso le stelle (Mondadori 2007). Per il Saggiatore ha pubblicato Chiamatemi Ismaele. Racconto della mia America (2013). Nel 1996 l’esordio come narratrice con i racconti di Apprendista del sogno (Donzelli), uno dei quali è stato pubblicato nel Meridiano Racconti italiani del Novecento, a cura di Enzo Siciliano. Nel 2007 ha pubblicato il romanzo Un saluto attraverso le stelle (Mondadori).
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥
Pina Mandolfo
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