Anticorpi & fumetti

Laura Marzi, 14 maggio 2021

Le sue vignette satiriche, puntuali ed eleganti escono sulla rivista Erbacce e anche su altri magazine. Pat Carra, umorista e femminista, ora fa una mostra a Parma, la sua città, aperta dal 14 maggio. L’abbiamo intervistata.

Di Laura Marzi

“Se non ci fosse stato il femminismo, come sarei finita? Senza l’umorismo e il femminismo, non saremmo qui a parlare…” Abbiamo incontrato Pat Carra, femminista, umorista, giornalista, in occasione della sua mostra Anticorpi a fumetti, ospitata nel chiostro della Casa della Musica a Parma, dal 14 maggio al 20 giugno.

Come è nato il progetto di questa mostra?

Tutto è cominciato dall’amichevole collaborazione con un’infettivologa dell’Ospedale di Parma, Anna Degli Antoni, per una campagna sull’Hiv promossa dal Comune. Alla conferenza stampa nel settembre 2020, l’assessora alle Politiche della sanità, Nicoletta Paci, mi ha chiesto di pensare a una mostra. Eravamo in piena pandemia, cambiavamo sempre idea su spazi e tempi, finché abbiamo scelto un luogo all’aperto, in primavera. Da mesi continuavo a disegnare fumetti sull’argomento per Erbacce e per le mie rubriche di ingenere.it e Anaao Assomed, il sindacato del settore sanitario per cui lavoro da cinque anni. Quando è arrivato il Covid ero allenata, quello della salute era un territorio conosciuto perché per fare satira con regolarità devi approfondire.

Quanto sei felice che la mostra sia nella tua città d’origine e quanto hai paura del “nemo profeta in patria”?

Questa è la mia prima mostra nella città dove sono nata e ho vissuto fino ai 24 anni. Credo di avere gli anticorpi per affrontare i motivi della fuga, quel miscuglio di sofferenza e slancio che rende possibili, soprattutto quando si è giovani, le fughe felici. Ho messo gli anticorpi anche nel titolo. Allo stesso tempo, desiderando questo ritorno, è emerso l’attaccamento alle radici, che è sempre stato presente nell’amore per la campagna e la terra, nella fedeltà ad alcune grandi amicizie e a una sorella, solo che non l’avevo mai messo così intensamente in gioco nel lavoro. Facevo le mostre a Venezia, Roma, Milano, Bologna… Giravo al largo o forse intorno.  Lavorando a questa mostra, ho pensato molto a mio padre, che è morto quando io e la mia gemella avevamo nove anni, sto coltivando il legame interiore, non nella forma della nostalgia.

È successo che le relazioni con il gruppo di lavoro di Parma si siano dipanate felicemente e Cristina, la mia gemella che vive a Roma, mi rassicurava dicendo che a questo punto della vita, a 66 anni, la nostra città mi avrebbe portato fortuna. Mi sono affidata al suo sesto senso, tanto più che come profeta sarei destinata a non essere creduta da nessuna parte, non solo in patria, perché sarei vaneggiante. Come “Cassandra che ride”, invece, ho quasi sempre le mie soddisfazioni e non ho paura di nulla. Anche l’astrologia, che pratico dai tempi del liceo, mi permette di profetizzare a ruota libera.

Qual è la sapienza necessaria per far emergere l’umorismo in mezzo a tanta angoscia?

Sei gentile a chiamarla sapienza, vorrei tradurre “qual è la follia necessaria…” E ritornare al punto di partenza: quanta follia c’è voluta per non soccombere alla morte di mio padre e ai disastri conseguenti, alla depressione, al patriarcato, al neoliberismo e così via. E poi vengono le altre domande: se non ci fosse stato il femminismo, come sarei finita? Senza l’umorismo e il femminismo, non saremmo qui a parlare.

Nei tuoi disegni non c’è solo satira, c’è eleganza. Raccontaci come crei la relazione fra queste due.

L’etimologia di eleganza è scegliere, fare una scelta tra… In questo senso il tuo commento mi risuona. Metto molta energia e attenzione nella scelta di parole, tratto, espressione, posture, relazione tra gli elementi grafici e testuali, che devono combinarsi bene per funzionare. L’effetto è semplice, per fortuna, ma il modo di arrivarci è un gioco di equilibri che si rinnova ogni volta.

Ci sono stati dei momenti durante la pandemia in cui non sei riuscita a disegnare, in cui l’angoscia ha vinto?

Non a lungo, perché per me disegnare e fare battute è una rivolta alla depressione, o una risposta – non so, tutte due. È la mia droga, e non si rinuncia facilmente alla droga. In questi mesi sono consapevole che il lavoro con il gruppo di Erbacce è stato molto importante, parlavamo appassionatamente di quello che stava capitando, eravamo insieme sul pezzo, ne avevamo bisogno. A poco a poco la rivista si è ampliata e trasformata.

Per fare dell’ironia è necessario il proverbiale distacco e questo è il tempo del distanziamento, eppure non mi pare che siamo diventate tutte e tutti più divertenti. Qual è il discrimine?

Stiamo subendo un trauma collettivo e i contorni sono ancora nebulosi. Il discrimine è un fattore soggettivo, prima che sociale e politico. C’è chi ha sofferto molto il distanziamento, ma per me non è stata una novità, sono abituata a stare più in studio che in viaggio, a lavorare in solitudine. Ho sofferto di più per l’invadenza della cattiva informazione o per la retorica del ritorno alla normalità, che qui a Milano/Lombardia si è rivelata un incubo. Si sono sedimentati diversi tipi di rabbia, paura e delirio che cercano un’espressione, sappiamo che è necessario sollevare la cappa, c’è chi lo fa in un modo e chi in un altro. Faccio satira su chi organizza la fuga su Marte, su chi sta lucrando in modo orribile, sugli incappucciati della finanza, sull’ideologia tecnologica. Dopo tanto distanziamento, è stato un piacere creare un luogo di incontro dal vivo, anche se a piccoli gruppi. La mostra Anticorpi a fumetti è il mio tentativo di aprire un varco alla riflessione e al ridere, ho messo insieme i pezzi e vedremo se la magia accade.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sito dedicato alla mostra: www.anticorpiafumetti.it

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Laura Marzi

Laura Marzi scrive per Azione, Erbacce, il manifesto, Tuttolibri. Ne 2022 Mondadori ha pubblicato il suo primo romanzo: "La materia alternativa" con cui ha vinto il premio John Fante nel 2023. Ha conseguito il dottorato all’Università di Parigi Vincennes-Saint Denis con una tesi in Letterature Comparate e Studi di Genere pubblicata da ENS (Éditions École Normale Supérieure de Lyon) col titolo "Raconter le care?"

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