Maria Rosa Cutrufelli dialoga con Serena Todesco che la intervista a partire da sé, mentre le loro vite si intrecciano. Partite da Messina a decenni di distanza, sono poi andate per il mondo. Il femminismo italiano e le sue figure storiche, la letteratura, il gender, le madri, i collettivi, il ’68: un libro emozionante e imprescindibile.
Di Elvira Federici
“Tutto questo non è che un frammento di realtà, uno fra i tanti. Questi eventi hanno accompagnato una parte del processo di ricomposizione di questo piccolo libro. E non sono, come potrebbe sembrare, staccati dalla pratica di Maria Rosa Cutrufelli”.
Il modo in cui un libro nasce si riverbera nella struttura, nella scelta delle parole, nel ritmo, nei silenzi. Il modo in cui un libro nasce crea le condizioni anche per la relazione tra chi legge e chi scrive.
Se un libro, come Campo a due di Serena Todesco nasce da un’idea di intervista le cui tappe si snodano lungo gli anni, quel libro diventa insieme una storia della relazione che le due dialoganti intrattengono. Questo permette la sorpresa degli incisi biografici dell’intervistante, posti accanto al racconto dell’intervistata, non per confrontare, semmai per permettere di contemplare l’evolversi dei fatti e dei pensieri, per guardare insieme con chi legge, lo spessore affettivo di ciò che poi diventa storia, mentre passa per la nostra biografia.
Vi si avvicendano infatti i capitoli che costituiscono l’intervista a Maria Rosa Cutrufelli, a partire dalle domande sulla nascita, i luoghi e le figure dell’infanzia (questo già ci mette dentro quel pensiero incarnato che praticano le donne), e le riflessioni autobiografiche di Serena Todesco, quasi a cercare di ricostruire quando e perché ha cominciato a sentirsi femminista. Le domande procedono nei diversi capitoli non come un avvicinamento, una messa a fuoco del tema femminista ma come un’apertura che allaccia i nodi di una maggiore complessità: i contesti sociali e politici, i gruppi femministi a Bologna o a Gela, la nascita di Rivolta femminile, gli scritti legati ai movimenti per il Salario al lavoro domestico, l’esperienza del separatismo e dell’autocoscienza.
Chi voglia ripercorrere il femminismo italiano a partire dal Sessantotto, non come ricostruzione storica ma come racconto di un’esperienza ancora viva per e con una femminista di un’altra generazione, non può rinunciare a questo libro, in cui, tra l’altro, grazie alle accuratissime note, si restituisce una ricostruzione rigorosa delle voci, dei movimenti, delle battaglie.
Questo libro, che ci tocca sia per la levità del racconto autobiografico, sia per la profondità dell’affondo nella storia che comincia con il taglio cruciale del Sessantotto e del femminismo, ricorda la bellissima intervista di Maria Nadotti a bell hooks, (vedi Leggendaria 146) dal titolo Elogio del margine tra l’altro da poco ripubblicata, dopo oltre vent’anni (Tamu, 2020).
Ciò che accomuna i due libri-intervista è la relazione che passa tra le due donne, reciprocamente implicate nel loro essere femministe, in cui l’intervistata, Maria Rosa Cutrufelli, riprende, ri-apprende la propria esperienza a partire dalle domande dell’intervistatrice. E Serena Todesco, non meno di quest’ultima, riordina, rilegge, interroga la sua biografia di femminista degli anni Duemila a partire dalle risposte dell’intervistata. Questo intreccio è toccante e, proprio come per Elogio del margine, non solo non fa perdere nulla nella ricostruzione, intrecciata all’autobiografia, di momenti rilevanti di storia del femminismo italiano, ma ne restituisce la vibrazione particolare; richiama a quel pensiero dell’esperienza, a quel partire da sé che è la chiave della rottura epistemologica operata dal femminismo, contro un’idea di teoria astratta, decontestualizzata, depurata della relazione.
E la relazione, il sapersi entrambe dentro un processo vivo di cui sono contemporaneamente protagoniste, dentro una trama di cui contribuiscono a costruire il disegno, la cogliamo nel riverbero che le risposte hanno sull’intervistante: le risposte di Maria Rosa, spingono Serena a mettere a fuoco la sua esperienza di femminista del XXI secolo.
Nessuna delle questioni che attraversano, dividono, arano i femminismi di questo millennio – i movimenti LGBTQ+, il trangender, la maternità, la genitorialità, la GPA, il tema del sex working come la necessità di una riflessione davvero intersezionale e decoloniale – sono tralasciate nel loro dialogo.
E in questo reciproco darsi da riflettere, a chiusura troviamo le loro singole voci: Serena che riconosce “l’intreccio fra generazioni” portando a compimento il libro dell’intervista, mentre, a New York, riflette sulla statua della Fearless girl, comparsa di fronte al toro bronzeo della City proprio la notte tra il 7 e l’8 marzo 2017; Maria Rosa, che sceglie questo libro per dare una “risposta tardiva a una femminista indiana”, che aveva giudicato il suo libro in traduzione Donna perché piangi come la pretesa di una donna bianca di prendere la parola per le donne africane. Questo, per dire quanto questo campo a due, questo dialogo intergenerazionale, sia lo spazio di una tensione viva e trasformativa.
PASSAPAROLA:









Elvira Federici

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