La campanella tornerà a suonare ma non ci sarà la corsa all’ultimo banco. Il 17 giugno un incedere contingentato guiderà il passo di circa cinquecentomila ragazzi e ragazze alle prese con il ritorno in aula per l’esame di Stato. La prova finale di un percorso di studi trattenuta dal timore della pandemia ancora in atto e venuta dopo mesi di angoscia e solitudine. Non ci si potrà abbracciare, i volti parzialmente coperti dalle mascherine e i corpi disciplinati dal distanziamento. Nulla a confronto della clausura che ha costretto a casa per mesi, relegato nella «tana» della rete e privato milioni di adolescenti della cosa più preziosa: la libertà di stare insieme.
La sensazione è che per molti il passo iniziatico verso il mondo degli adulti, destinato a compiersi con il rito della «maturità», sia già avvenuto. Mai come quest’anno. L’impatto col reale si è consumato nel chiuso delle loro solitudini, in un corto circuito sanitario, sociale, economico che ha spezzato famiglie e sbriciolato certezze. Un trauma esistenziale sigillato dalla perdita di una comunità fondamentale e insostituibile come la scuola. Uno strappo che ha reso opaco il futuro. Nessuna pacca sulla spalla o sorriso di accompagnamento in questo scorcio amaro di fine anno; una sensazione di abbandono ha investito l’universo scolastico e ai ragazzi è toccato pagare il prezzo più alto.
La didattica a distanza messa su in pochi mesi non ha potuto fare miracoli; il prodigio è stato mantenere il filo sottile di una comunità le cui disparità sociali ed economiche sono state radicalmente acuite dalle rete. Fra qualche giorno, si ritornerà in classe per preservare la ritualità di un gesto. La prova è snellita dal solo colloquio, di massimo un’ora, su quel che si è riusciti a fare durante l’anno. A differenza del passato, i commissari sono interni e tutti sono ammessi. Unica presenza esterna: il presidente di commissione di fatto introvabile fino a qualche settimana fa, data la scarsità di domande prodotte dai docenti, specie nelle zone più colpite dalla pandemia. Le perplessità crescenti di gran parte del mondo scolastico, alunni e famiglie comprese, circa la sicurezza di un esame in presenza ridotto a mera burocrazia non hanno arrestato la macchina dei preparativi. Intendiamoci, l’esame di Stato è da tempo diverso, per fortuna, dalla originaria «maturità» di gentiliana memoria. Voluta, quest’ultima, in pieno fascismo quale fine del percorso liceale e soglia di sbarramento selettiva per proseguire gli studi. Dagli anni Novanta, il termine maturità è stato sostituito con quello asettico di «Stato». Un cambio di nome e di sostanza che non ne ha alterato la dimensione simbolica: quella di rito iniziatico di accompagnamento verso la giovinezza. Uno dei pochi rimasti. Non è un caso che ci si ostini ancora a chiamarlo maturità. I dati parlano da sé: l’anno scorso sono stati ammessi il 96% circa degli studenti e promossi il 99,7%. La forza del simbolo è tuttavia sempre stata nella sensazione da parte dei giovani di sentirsi «presi sul serio» per la prima volta nella vita. Un bisogno di riconoscimento, il loro, destinato a tradursi nell’incontro-scontro tra generazioni.
La maturità al tempo del Covid rischia di rivelarsi una mera questione di estetica. Un tentativo strenuo di rivendicare la ritualità di un gesto svuotato da mesi di abbandono e silenzio. L’illusione di una attenzione, il riconoscimento di una presenza negata di fatto dall’assenza di un dibattito politico serio sul futuro della scuola. Il ritorno di oggi in aula continua a fare i conti con il silenzio di settembre, con il tacere sul diritto alla studio di tanti adolescenti. L’assenza di una visione programmatica alimenta il triste presentimento che la «distanza» possa essere ancora l’unico modo di fare scuola nei prossimi mesi. I nodi cogenti delle carenze degli edifici scolastici e della scarsità del personale sono lì sul piatto. La didattica a distanza è un terreno assolutamente inedito ma privo di regolamentazione. Il ritorno in classe di questa inconsueta fine d’anno non apre squarci sul futuro ed ha il sapore amaro di un incontro mancato.
PASSAPAROLA: GRAZIE ♥Antonella Fimiani
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