Andò al capestro la stregoneria,
nella storia, però la storia ed io
sappiamo essere streghe quando occorre
qui tra di noi, ogni giorno –
Emily Dickinson (poesia n. 1583), trad. di Margherita Guidacci
1a Strega. In qual dì, o compagne, ci uniremo? In dì di pioggia, di folgori, o di tuono?
2a Strega. Allorché un tal tumulto non sarà più inteso, e la battaglia perduta sarà guadagnata.
3a Strega. Ciò accadrà prima che tramonti il sole.
1a Strega. E in qual luogo?
2a Strega. Nelle vicinanze del bosco.
3a Strega. Voliamo adunque incontro a Macbeth.
William Shakespeare,Macbeth(1623), atto I, scena I, trad. di Carlo Rusconi
AZUCENA: Condotta ell’era in ceppi al suo destin tremendo, col figlio sulle braccia io la seguia piangendo: infino ad essa un varco tentai, ma invano, aprirmi, invan tentò la misera fermarsi e benedirmi, ché, fra bestemmie oscene, pungendola coi ferri, al rogo la cacciavano gli scellerati sgherri! Allor con tronco accento «Mi vendica!» sclamò. Quel detto un’eco eterno in questo cor lasciò.
Il Trovatore(1853), parte II, scena I, testo di Salvadore Cammarano, musiche di Giuseppe Verdi
La natura non è un luogo fisico in cui recarsi, non è un tesoro da custodire o conservare in banca, non è un’essenza da proteggere. La natura non è un testo da decifrarsi in base ai codici della matematica o della biomedicina. Non è l’alterità che offre origine, materie prime e servizi. Né madre né curatrice, né schiava né matrice, la natura non è risorsa o mezzo per la riproduzione dell’uomo. La natura è, strettamente, un luogo comune.
Donna Haraway, Le promesse dei mostri,1992, trad. di Angela Balzano 2019
Che nesso c’è tra la crisi ambientale che si manifesta sempre più acuta e la ripresa di narrazioni sulle streghe, simbolo potente, sebbene ambivalente, del legame tra il femminile e la natura? Già oltre trent’anni fa Donna Haraway ci avvertiva che il termine “natura” va maneggiato con molta cautela, senza dare per scontato che sia qualcosa che esiste di per sé, fuori o prima della sua relazione con le specie viventi sul nostro Pianeta, e in particolare con la specie umana che sta distruggendo l’ecosistema. La natura è “un artificio”, un “luogo comune”, in senso letterale, attraverso il quale ci pensiamo nell’esistente. E dunque in perpetua trasformazione, alla continua ricerca di un equilibrio. L’emergenza nasce in questa fase che alcuni definiscono Antropocene proprio perché l’equilibrio sembra compromesso, l’impronta della specie umana sul Pianeta sta provocando danni difficilmente riparabili.
Anche la strega è un luogo comune, figura presente sotto diverse nominazioni – Lamie, eretiche, malefiche, maghe, maliarde, masche, janare… – sin dall’antichità per designare il negativo del femminile, la sua inaffidabilità, la sua pericolosità. Sotto accusa per il suo presunto rapporto col Maligno è stata un capro espiatorio perfetto nel corso della Storia per far fronte all’indicibile, all’incomprensibile, all’inaddomesticato. La strega è minacciosa per il potere maschile, ne mette in discussione il dominio e la narrazione: fuori dalle regole della comunità, usa il corpo e la sessualità, vive in relazione con altre “diverse” come lei, vittima nei secoli di chi detiene il potere, eppure sempre presente, risorgente sotto altre spoglie. È “l’altra” per definizione rispetto alle donne pensate dagli uomini: nera o bianca, giovane o vecchia, bellissima o spaventosa, vergine etero o omosessuale, soccorrevole o malvagia, è irregolare, ribelle, sovversiva.
Non è un caso che già il femminismo degli anni Settanta si fosse appropriato della figura della strega per ribaltarne il senso: c’era dell’ironia ma anche una bella sfida a quel luogo comune di malvagità e bruttezza nello slogan gridato nelle piazze: «Tremate, tremate le streghe sono tornate». Oggi la strega è tornata ad essere una icona etica ed estetica per le nuove generazioni del femminismo, nutrite anche di manga, saghe fantascientifiche e fantasy, narrazioni immaginifiche che spesso hanno al centro un Pianeta minacciato dalla catastrofe incombente e un’umanità da salvare. E intanto la ricerca storica è tornata ad interrogare alla luce dell’oggi quei processi alle streghe che spesso appaiono verosimilmente come opportunistiche persecuzioni e femminicidi di massa. La rilettura del passato e l’immaginario di altri futuri possibili sembrano dunque fare corto circuito nel produrre movimenti ecofemministi e anti- ed interspecisti.
La natura “malata” appare dunque come una trincea sotto assedio, specchio e portato di quel meccanismo perverso di sfruttamento del vivente – umani e altri animali, piante e minerali – ecosistema che si sta autodistruggendo per mancanza di senso del limite da parte della specie umana. Ma è quella stessa natura che, essendo – nel pensiero di Haraway e di altre ecofemministe – un “artificio”, può produrre altri artifici che, combinati alle tecnologie, possono distruggere o invece salvare.
Le streghe, a volte sotto altre vesti e altri nomi, tornano a volare, non su scope di saggina ma surfando sulle piattaforme informatiche, trasformando i corpi e la sessualità, occupando le strade delle metropoli globali in nome di un futuro sostenibile. Raccontate da serie Tv e pellicole sul grande schermo, dai videogiochi e dall’arte, le nuove streghe sono ibride e metamorfiche, sapienti e creative. Sono consapevoli di avere radici antiche eppure si muovono nella blogosfera. Ma anche in presenza e in relazione perché – come le loro antenate – sanno che solo insieme, nella rete del femminismo globale, e nell’operare quotidiano – fanno davvero paura. E perché, come già sapeva Emily Dickinson, «la storia ed io sappiamo essere streghe quando occorre, qui tra di noi, ogni giorno». Un “tra noi” prezioso, ogni giorno.










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