“Divengo incomprensibile persino a me stessa. Dio mi aiuti, non pertanto, se il mio vecchio camuffamento magico mi abbandona. Non sono in grado, adesso, di farmene un altro. Un camuffamento! Qualunque cosa serva a nascondere la straniera… Camuffata! Eccome! Tanti ruoli, e tutti raddoppiati. (…) Baccante con indosso il grembiule di Marta. Mecenate in cravatta rossa. Messalina acconciata come Maria di Betlemme. E quanti ancora? Tanti quanti sono le mie espressioni fisiognomiche, le quali, per inciso, sfiancano pittori e scultori. Non riescono a fare la mia faccia”.
Così cerca di definirsi Beatrice Hastings, realizzando una descrizione sfuggente e carismatica di se stessa. L’interesse verso la giornalista e scrittrice è nato – all’interno di un’indagine sull’artista livornese Amedeo Modigliani – nel Caffè Letterario e libreria delle donne “Le Cicale Operose”: e Maristella Diotiaiuti e Federico Tortora hanno curato questo libro su di lei.
La storia delle donne è piena di episodi di cancellazione e di oscuramento come è successo a Beatrice Hastings, intellettuale poliedrica e complessa. Gli autori riescono con sapienza a restituirci il ritratto di una persona eccezionale, un’intellettuale scomoda perché mai compiacente con i suoi colleghi e con gli artisti della sua epoca, una donna capace di prendere posizione su questioni spinose, che spaziavano dalla denuncia femminista dell’educazione restrittiva e mutilante delle giovani donne, fino all’invettiva contro la politica capitalista e colonialista.
Maristella Diotiaiuti e Federico Tortora vogliono restituirle il posto che le spetta nel mondo della cultura, delle lettere e del giornalismo europeo. Beatrice è una scrittrice che ha raccontato la condizione femminile del suo tempo. Da libera pensatrice, si è posta con drammatica urgenza il compito di smantellare gli stereotipi di genere del patriarcato, affermando poco prima di Virginia Woolf, il principio di autodeterminazione delle donne, rivendicando per sé stessa e per le altre il diritto alla scelta consapevole e non obbligatoria di essere madre e sposa. Ha affermato con forza dirompente il piacere della scrittura e l’importanza della militanza intellettuale.
Hastings ha una scrittura originale e diretta, molteplice per contenuti e forma. Ha sperimentato con passione e disciplina una varietà considerevole di linguaggi, di canoni letterari, con lo scopo, ogni volta, di esprimere il suo pensiero rivoluzionario e trasgressivo, prendendo sempre posizione pubblica a favore degli esclusi, dei poveri e degli emarginati, come i neri d’Africa, gli ebrei, i rom, i carcerati, i condannati a morte, i lavoratori sfruttati e sottopagati, i folli, fino alle creature più piccole e fragili come gli animali.
Emblema di una generazione di intellettuali sul crinale di due epoche, di una generazione che diventa adulta alla fine della Prima Guerra Mondiale e che è poi sconvolta dalla Seconda Guerra Mondiale, Hastings scrive senza fermarsi mai, con una scrittura eccessiva, straripante, indice di un’inquietudine che non l’abbandona mai. Ha comunque una prosa magnetica e scorrevole e propone un modello di libertà femminile che forse non poteva essere compreso per il suo radicalismo estremo nemmeno dalle suffragette sue coetanee. Per questo pagò un prezzo altissimo: la povertà, l’isolamento e il suicidio, dopo una lunga malattia.
Altro tema portante della sua scrittura è la libertà del corpo della donna: nei suoi articoli femministi denuncia l’urgenza di andare contro donne e uomini che spingono le giovani ad accettare come ineluttabile il destino biologico del parto e della maternità. Scrive con indignazione pagine eccellenti dove spiega come anche le più anziane siano complici di questo asservimento delle fanciulle costrette ad andare ignare verso la maternità e il matrimonio. Beatrice abita la sua scrittura come un corpo, scrive Maristella Diotiaiuti, “un corpo contundente, un gesto indipendente e critico di una donna che vuole dire ad alta voce e a chiare lettere ciò che reputa necessario, accettando il rischio di suscitare le ire di chi si sente aggredito dalle sue parole, dalle sue riflessioni, dal suo pensiero”.
L’iperbole, l’invettiva, l’affermazione ironica e sarcastica sono strategie stilistiche per colpire e scandalizzare. Beatrice, giornalista appassionata (tanto da inventarsi parecchi pseudonimi per rendere ricca e dinamica la dialettica all’interno delle pagine del suo giornale), nei suoi articoli femministi “Il peggior nemico della donna è la donna” e “Donna, creditrice dello Stato”, apparsi sul The New Age, “punta a smantellare tutta l’architettura ideologica costruita dal potere patriarcale che ha fatto del corpo della donna una proprietà dello Stato funzionale alla sua politica di potenza, di dominio e di egemonia economica” ricorda Mariastella nel suo saggio introduttivo al testo. Propone un suo femminismo dove autobiografia, politica e antropologia si intrecciano, affermando il diritto alla scelta del proprio destino, il diritto alla libertà, al lavoro, al voto, alla sessualità libera e consapevole, il diritto al divorzio e alla giusta retribuzione salariale. Denuncia lo Stato perché è in debito con le donne, per il sacrificio che impone, senza nemmeno ringraziare, ottundendo la facoltà di essere coscienti della mortificazione pubblica e sociale che chiede alle donne.
Le sue riflessioni sono di una modernità che stupisce, l’ansia di mondo, come lei stessa dichiara, le permette di esplorare tempo e spazio. Il flusso di coscienza, la forma diaristica, la fiaba femminista, il mito trasformato, l’articolo di giornale, ogni sua espressione intellettuale e creativa diventa incarnazione della sua volontà di cambiamento. Ultima riflessione su Hastings, è la sua ricerca tra materialismo e spiritualità, ambito a cui dedica molte energie. Teosofa, pratica l’occultismo, l’astrologia, lo sciamanesimo, la scrittura automatica, per dimostrare come il suo pensiero possa spaziare senza ideologismo tra i temi della giustizia sociale fino alla tensione mistica e spirituale, stressando così ogni possibile confine, fino a rischiare di essere considerata folle. Maristella Diotiaiuti e Federico Tortora come due archeologi hanno tolto la polvere e le macerie dall’edificio creato con la sua scrittura dalla Hastings, per restituirla a noi. Un patrimonio da studiare, una pista da seguire.
A cura di Maristella Diotaiuti e Federico Tortora, “Beatrice Hastings in full revolt”, edizioni Caffè letterario Le Cicale Operose, 2019
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Floriana Coppola

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