Prospettive vagabonde sul lavoro

Donne delle pulizie, badanti, operaie, precarie… A partire dagli scritti di Lucia Berlin e passando per tante altre scrittrici ecco alcuni spunti per il workshop che il gruppo SIL di Firenze propone al convegno SIL di Venezia.

A cura di Clotilde Barbarulli e Liana Borghi

 

I racconti di Lucia Berlin – da cui intendiamo partire per il nostro workshop in un  percorso che attraversi anche altre scritture per indagare in particolare il rapporto tra la materialità del vivere, il lavoro, la complessità espressiva e la trasformazione letteraria – sono variamente raggruppabili, compongono nuclei narrativi affini, molti dei quali sono frammenti autobiografici con episodi famigliari in località e paesi diversi ma con personaggi ricorrenti, storie intrecciate di cui si recupera altrove un dettaglio, un pregresso, un non detto. Nell’ultima intervista rilasciata, Berlin, svelando i meccanismi della narrazione, sosteneva l’importanza di “lasciare che la storia fosse quella che era”, senza infarcirla di sovrastrutture concettuali. Si richiamava perciò ad una verità non di tipo intellettuale, ma emotivo, nata dall’aderenza delle parole al sentire: “Scrivo solo quello che mi sembra emotivamente vero. Quando c’è la verità emotiva, il ritmo viene di conseguenza”.

Secondo Luciana Floris, un ritmo quasi jazzato consente a Berlin di raccontare con ironia e leggerezza anche storie cariche di drammaticità: persone che muoiono in solitudine, case che si svuotano, donne provate dal lavoro precario. Queste meravigliose storie minime raccolgono disparate esperienze autobiografiche, luoghi e personaggi di ogni tipo e provenienza sociale – da un apache nella lavanderia a gettoni, a  donne delle pulizie nelle case, fino a ospedali e infermiere – e propongono riflessioni sulla possibilità di una lettura diffrattiva,  per la diversa grammatica del comunicare e la sfida a certi codici narrativi, per le interfacce che creano spazi etero topici, e per la corporeità del ricordare che disturba la linearità del tempo (Liana Borghi). Nadia Setti sottolinea come in genere a raccontare sono le “ladies”, le padrone di casa, ma in Berlin la domestica non solo pulisce e rimette in ordine ma riscrive gli spazi e i tempi, e perfino può intervenire nei vuoti di memoria delle signore amnesiche.

Se Maria Letizia Grossi sottolinea che Berlin è affettuosa, lontana dal cinismo e dal sarcasmo, ma molto ironica, con il suo sguardo laterale sui personaggi e il distacco mai completo dalla drammaticità dei fatti, Clotilde Barbarulli confronta quel registro con dei racconti di Gabriella Kuruvilla e Kaha Mohamed Aden attraversati però da contrasti e problemi che evidenziano le rugosità e le tragedie della società e della storia.  La narrazione in terza persona di Berlin, nota Adriana Vignazia, si ritrova in Wir schlafen nicht (noi non dormiamo) di Kathrin Röggla, tuttavia nella ricerca di una maggiore credibilità.

Nelle sue differenti forme l’attività creativa oscilla tra speranza e fatica, è un travaglio che ricorda “lo sforzo supremo” di mettere al mondo una vita (Simone Weil). Nelle diversità di forme e contenuti, Roberta Mazzanti accosta le tematiche di Berlin ad altre scrittrici, quali Paola Cereda, Quella metà di noi; Giulia Corsalini, La lettrice di Čechov; Titti Marrone, La donna capovolta, mentre Sandra Cammelli si riferisce a Chiara Ingrao, Migrante per sempre; Laura Graziano riflette su Elvira Navarro, La lavoratrice e Gisella Modica su Chiara Ingrao, Dita di dama, e Rita Svandrlik su Elfriede Jelinek, La parete.

Il workshop avrà la forma di uno scambio che non prevede relazioni individuali, ma piuttosto una discussione sui temi emersi negli scritti ricevuti e sulle problematiche poste dalle partecipanti: un confronto/scambio che fa appello alla passione della lettura.

barbarullim@gmail.com

liborg3@gmail.com

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Clotilde Barbarulli

Clotilde Barbarulli collabora attivamente con associazioni quali il Giardino dei Ciliegi di Firenze, la Libera Università Ipazia, la Società Italiana delle Letterate. Si occupa di autrici contemporanee fra lingue e culture e di scrittrici '800/900. Tra le sue pubblicazioni: con L. Brandi, I colori del silenzio. Strategie narrative e linguistiche in Maria Messina (1996); con M. Farnetti, Tra amiche. Epistolari femminili tra Otto e Novecento (2005); con L. Borghi Visioni in/sostenibili. Genere e intercultura (2003), Forme della diversità. Genere, precarietà e intercultura (2006), Il Sorriso dello Stregatto (2010)."Scrittrici migranti: la lingua, il caos, una stella" (ETS 2010),

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