Personagge impreviste

Anna Maria Crispino, 23 gennaio 2019

In Zapping di una femminista seriale Federica Fabbiani descrive le nuove eroine delle serie tv. L’offerta smisurata riserva piacevoli sorprese: sono donne che hanno rifiutato “ruoli di genere fissi e mefitici aprendosi al desiderio, potente e liberatorio, non più sottomesso al veto maschile”.

Anna Maria Crispino

Nella velocissima riconfigurazione dello scenario multi-mediale del terzo millennio, è indubbio che la televisione – un tempo Cenerentola nel settore dell’intrattenimento –  stia assumendo un peso sempre maggiore nella produzione dell’immaginario che accompagna e plasma le nostre vite. «Non è più la Tv, bellezza»: no, non lo è più – almeno per come la intendevamo – nella produzione delle serie, soprattutto per la ridefinizione dei rapporti con la letteratura da un lato e con il cinema dall’altro. Non lo è perché occupa spazi (e tempi) sempre maggiori, favorita dal moltiplicarsi delle emittenti, con più piattaforme accessibili anche on-demand, in rete (via cavo e streaming e con l’utilizzo di diversi supporti informatici). Una produzione fluviale, alimentata da una nuova generazione di autori e autrici (e registi/e e sceneggiatori/sceneggiatrici), che mette a disposizione narrative originali e fortemente innovative rispetto al passato.

È dunque un osservatorio privilegiato sul presente e sull’immediato futuro quello che Federica Fabbiani ha scelto per il suo Zapping di una femminista seriale: uno sguardo, il suo, che va oltre la tradizionale distinzione tra “alto” e “basso”, con la consapevolezza che, nel ventre molle di quello che un tempo avremmo definito “cultura popolare”, convivono e si intrecciano temi e linguaggi che spaziano dalla più stringente attualità alla rivisitazione della memoria, dal quotidiano al futuribile, dallo storico al distopico.

La cifra più interessante del lavoro di Fabbiani –  così leggibile da rendere fruibile e assai utile il suo discorso anche a chi della serialità televisiva non si occupa o a cui non si appassiona – è la scelta di mettere a fuoco la rappresentazione delle donne in un percorso a ridosso dell’evolversi del pensiero e della pratiche femministe, alla ricerca di “trame”, appunto, femministe. Tenendo conto che «Da Chimamanda Ngozi Adichie a Emma Watson passando per Beyoncé, il termine femminismo sembra essersi improvvisamente rivitalizzato, forse anche risemantizzato, e non essere più, o almeno non sempre, motivo di scherno […] Qualcosa è cambiato», rispetto anche solo a pochi anni fa, sostiene Fabbiani (e noi con lei).

Moda o pinkwashing? Probabilmente l’una e l’altro. Ma è indubbio che dall’analisi delle personagge delle più recenti serie Tv – da Fleabag a Il racconto dell’ancella, da La guerra di Miss Frimans a Big Little Lies fino a I love Dick e a Transparent, giusto per citarne alcune – Fabbiani costruisce una «ideale cartografia femminista» di figure «epigoni del Soggetto Imprevisto di lonziana memoria, che si sono poste ai lati della norma patriarcale, rifiutando l’impostazione di ruoli di genere fissi e mefitici e aprendosi al desiderio, potente e liberatorio, non più sottomesso al veto maschile».

La questione è dunque quali ricadute socio-culturali ha la narrazione seriale televisiva nella sua complessa e diversificata fruizione: sulle modalità di narrative del sé, innanzitutto, in uno scenario in cui «Il nemico ha fatto irruzione all’interno delle soggettività che si consideravano salde, dei nuclei familiari che si pensavano tutelati, delle case che si ritenevano sicure, delle comunità che si reputavano coese». Un tema che appare particolarmente evidente nel dibattito sempre più radicalizzato sul “gender” che, nella nuova temperie culturale che si respira in Occidente, e non solo, in cui si rafforzano istanze sovraniste, razziste, omofobe (dagli Usa di Donald Trump all’Europa di Salvini e Orban fino al Brasile di Bolsonaro), hanno fatto slittare i soggetti Lgbtq da “minoranze” da proteggere a minaccia incombente.

La cartografia di identità molteplici, precarie, vulnerabili, nomadi e “in divenire” disegnata da Fabbiani parte da Carrie Bradshow e le sue amiche di Sex and the City (1998), personagge capaci di rappresentare donne emancipate e sessualmente intraprendenti ma «ancora profondamente inscritte in un paradigma eteronormativo» e, per giunta, tutte bianche, ricche ed eterosessuali. Per arrivare alla protagonista di Fleabag (2016), una donna che si definisce «avida, pervertita, egoista, apatica, cinica, depravata, moralmente distrutta [tanto da non] meritarsi di essere chiamata femminista» e si racconta in prima persona rivolgendosi direttamente allo spettatore/spettatrice, che segue le sue peripezie in una Londra in pieno degrado. Un arco che copre un ventennio, un “tempo breve” secondo i parametri cui siamo abituati/e ma lunghissimo rispetto alla velocità pazzesca di un presente incalzante e mobile quanto forse mai nella nostra storia.  Un percorso che si apre però a incursioni nei decenni passati – come la Tv italiana nei decenni del dopoguerra – e che si espande anche in consistenti digressioni che servono a contestualizzare l’attualità della domanda ricorrente che sottende il testo: «Che cos’è una donna?». O forse, più precisamente, chi siamo (state) e chi stiamo diventando.

Federica Fabbiani, Zapping di una femminista seriale, Ledizioni, Milano 2018, 141 pagine, 16 euro.

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Anna Maria Crispino, giornalista e saggista, ha fondato e tuttora dirige la rivista Leggendaria. Libri Letture Linguaggi. Attualmente lavora come direttora editoriale della Iacobelli editore. È tra le fondatrici della Società Italiana delle Letterate (SIL) di cui dal 2000 organizza, con altre, il Seminario estivo residenziale. Autrice di saggi sulle scritture e il pensiero delle donne, ha scritto e/o curato diversi volumi, tra i quali: Lady Frankenstein e l’orrenda progenie (a cura di, con Silvia Neonato, Roma: Iacobelli editore 2018); Dell’ambivalenza. Dinamiche della narrazione in Elena Ferrante, Julie Otzuka e Goliarda Sapienza (a cura di, con Marina Vitale, Roma; Iacobelli editore 2016); Oltrecanone. Generi, genealogie, tradizioni (a cura di, Roma: Iacobelli editore 2015). Ha tradotto e/o curato alcuni volumi della filosofa Rosi Braidotti, tra i quali: Trasposizioni. Sull’etica nomade (Roma: Luca Sossella editore 2008) e Madri Mostri e Macchine (Roma: manifestolibri 2005). Vive in un borgo su un lago molto bello, a volte spazzato dalla tramontana.

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