Con gli occhi della periferia

Clotilde Barbarulli, 5 novembre 2017

La scrittrice di origini algerine Faïza Guène, cresciuta nella banlieue parigina di Pantin, ed affermatasi nel 2004, diciannovenne, come simbolo dei giovani delle periferie con Kif kif domani, continua a riflettere sul confronto fra generazioni e culture in chiave ironica. È impegnata anche in cortometraggi, fra cui “Rien que des mots”: nel 2007 ha partecipato al volume Chroniques d’une société annoncée a cura del collettivo “Qui fait la France?” con l’obiettivo di raccontare con realismo la Francia contemporanea nella sua diversità culturale e linguistica, dovuta in gran parte al suo passato coloniale, e reagire alla deriva xenofoba del paese. E nel 2016 ha messo on line Le bruit des avions , denunciando l’improvvisa reclusione del suo compagno, anche se abitante a Parigi da 9 anni, con la minaccia di espulsione e mettendo in rilievo come i cosiddetti clandestini siano tenuti nell’invisibilità, ma sfruttati economicamente in vari modi.

Fra spunti autobiografici e invenzione creativa, si dipanano le vicende del giovane Mourad a Nizza, in una famiglia algerina emigrata che sembra rispecchiare gli stereotipi dei nuclei algerini: una madre ingombrante e invadente, ossessionata dal cibo e dalle tradizioni, un padre calzolaio e analfabeta che sogna per i figli un destino migliore sempre pronto a ricordare che gli uomini non piangono perché – per antica consuetudine arabo-musulmana – avere momenti di debolezza è consentito solo alle donne. Mourad vive tra due fuochi: il tradizionalismo di sua madre Mina – che ancorata alla memoria di un mondo passato usa strategie di tachicardia improvvisa, per colpevolizzare e tenere i figli sottomessi – e il desiderio di emancipazione della sorella maggiore Dounia, brillante studentessa, poi avvocata alla guida di un gruppo femminista, che, a differenza della sorella Mina, sottomessa ai genitori, lascerà la casa ben presto con una rottura insanabile. Mourad invece riuscirà, senza 5rinnegare le proprie origini, a far suoi certi valori del paese ospitante trovando la strada nell’insegnamento. Variabile nella sua complessità è la soglia tra ciò che costituisce problema e ciò che diviene risorsa: l’autrice, pensando alle sue esperienze e a quelle di molti giovani franco-algerini in tensione tra la riproduzione dei valori familiari e l’aspirazione a modalità europee diverse, tra ribellioni e emarginazione, ha ricordato in una intervista – in cui dice di guardare al mondo “con gli occhi della periferia” – che “la Francia ha una doppia cultura e dovrebbe farne tesoro”.

Alle difficoltà nel mediare tra le tentazioni occidentalizzanti e le differenti regole domestiche, i/le protagoniste dei romanzi di Faiza Guène aggiungono il disarmo del vivere in difficili contesti economici e sociali delle periferie francesi, tra solitudini, disgregazioni e abbandoni, respirando pessimismo e sconforto, cercando in se stesse/i e nel fatto stesso di riuscire comunque a resistere, le energie e le motivazioni necessarie per continuare a credere e ad adoperarsi affinché il domani non possa continuare a essere “kif kif, paro paro, sempre lo stesso”.

Con un lessico vivace, ricco di termini colloquiali e contaminato da parole arabe – una lingua propria della letteratura beur che nasce negli anni Ottanta ad opera dei figli di immigrati maghrebini nati in Francia, chiamati beurs – Mourad ci racconta così dei problemi del distacco generazionale a cui si aggiungono le difficoltà di integrazione, mentre il tono ironico attraversa la narrazione quasi ad attenuare la problematicità delle questioni. Ma Il sorriso è uno scarto leggero che vuole spostare il punto di vista sul mondo, è il mezzo per praticare la propria sfaldatura rispetto a leggi e mentalità dominanti. L’ironia si delinea come strategia sia contro l’attaccamento rigido alle tradizioni della madre, sia contro i discorsi correnti e le strutture della società francese. Lo sguardo ironico sulla propria famiglia e la società mostra le divaricazioni esistenti tra le norme e i sentimenti, in un conflitto che si cerca spesso di celare o di esasperare. Si tratta di ritrovare, nella lettura del mondo, incommensurabilità e contrasti, contro gli stereotipi che – da entrambe le parti – tendono a livellare e appiattire. Lo spazio del discorso ironico è dunque il luogo del conflitto tra opinione corrente e valori diversi per reagire alla cultura egemone e contrapporle una società polifonica perché complesse e articolate sono le modalità dei desideri.

In Ahlème, quasi francese (2008), la giovane protagonista, alle prese con tanti problemi quotidiani nella banlieue di Ivry, ripensa agli scontri recenti al centro della “stampa di tutto il mondo”: “Ma cosa possono cambiare le nostre tre carcasse di cassonetti bruciati quando un esercito di forsennati cerca di farci tacere?” Le rivolte di quei luoghi non parlano di afasia come hanno sentenziato molti politici con accenti neocoloniali, perché quando si bruciano le automobili, gli autobus, le scuole, in realtà si bruciano i simboli di una mobilità negata, di una formazione da cui si è esclusi o che produce esclusione, si distruggono quindi le maschere di un modello di integrazione fallito, mette in rilievo Judith Revel.

Le banlieues – sembra dire Guène anche in questo romanzo – non sono solo ghetti in cui emarginare figli e figlie di immigrati, nati in Francia, ma anche zone di frontiera dove diversità e asimmetrie complesse entrano in contatto e in conflitto. Perciò nella tensione fra esclusione e fluidità delle frontiere, quei luoghi così carichi di ingiustizia e violenza sono anche i luoghi dove culture diverse s’incontrano e possono darsi reciprocamente vita e respiro, sono i luoghi dove persistono legami di amicizia e desiderio di nuove cittadinanze. “Sarà una rivolta intelligente, senza violenza – sogna Doria in Kif kif domani – dove ci si ribellerà per essere riconosciuti, tutti…Come Rimbaud, porteremo dentro di noi il singhiozzo degli Infami, il clamore dei Maledetti”.

Faïza Guène, Un uomo non piange mai, il Sirente, Fagnano Alto 2017, pp. 222, euro 15

Faïza Guène, Kif kif domani, Mondadori 2005.

Faïza Guène, Ahlème, quasi francese, Mondadori, 2008.
“La felicità è negli affetti”: dialogo con Faïza Guène a cura di Francesca Del vecchio, Villaggio globale 30/5/2017 on line.

Judith Revel, Qui a peur de la banlieu?, Bayard, Paris 2008.

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Clotilde Barbarulli

Clotilde Barbarulli collabora attivamente con associazioni quali il Giardino dei Ciliegi di Firenze, la Libera Università Ipazia, la Società Italiana delle Letterate. Si occupa di autrici contemporanee fra lingue e culture e di scrittrici '800/900. Tra le sue pubblicazioni: con L. Brandi, I colori del silenzio. Strategie narrative e linguistiche in Maria Messina (1996); con M. Farnetti, Tra amiche. Epistolari femminili tra Otto e Novecento (2005); con L. Borghi Visioni in/sostenibili. Genere e intercultura (2003), Forme della diversità. Genere, precarietà e intercultura (2006), Il Sorriso dello Stregatto (2010)."Scrittrici migranti: la lingua, il caos, una stella" (ETS 2010),

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